Cari lettori, operatori sanitari, colleghi, è per noi significativo mettere tutti al corrente di come si è sviluppata l’azione che ha visto la richiesta di interlocuzione urgente e l’invio della lettera di richiesta chiarimenti, da parte di più di 800 colleghi psicologi, a diversi Ordini degli Psicologi regionali.
Il fine di questa richiesta di interlocuzione e di questa lettera era quello di avviare un dialogo e aprire uno spazio di riflessione con i nostri Ordini regionali, che consentisse l’emergere delle criticità, delle contraddizioni e delle drammaticità poste dal DL 44/2021 (e successive modifiche). Nella lettera abbiamo esposto le nostre istanze e sollevato molteplici interrogativi agli organi che ci dovrebbero rappresentare, quali gli Ordini.
Alcuni Ordini regionali, dopo aver chiesto specifiche, si sono mostrati disponibili a incontrarci. Altri Ordini hanno invece negato l’incontro non rispondendo ulteriormente e lasciando cadere la questione. Un Ordine, in particolare, non ha dato sin dall’inizio alcuna risposta, mancando di ogni considerazione ai propri iscritti.
Oltre agli incontri, abbiamo quindi inviato la lettera, chiedendo agli Ordini chiarimenti e risposte in merito ai molteplici interrogativi in questa formulati e chiedendo inoltre un secondo incontro, nel quale poterne parlare. Nessun Ordine si è mostrato disponibile a ricevere gli iscritti in un secondo incontro e quindi disponibile a sviluppare insieme un discorso, a partire dal tema in oggetto. Il silenzio degli Ordini, di fronte alla drammaticità delle sospensioni di centinaia e centinaia di colleghi, è stato assordante.
Ora, a conclusione di questa azione, in questi giorni abbiamo inviato una comunicazione a più Ordini regionali e abbiamo chiesto loro di metterla agli atti, perché resti una testimonianza di quanto accaduto. Desideriamo rendere evidenza dei contenuti salienti di questa comunicazione, per mostrare quello che è stato l’atteggiamento dei nostri Ordini, quantomeno, degli Ordini regionali degli Psicologi interpellati. Qui di seguito, riportiamo quindi i contenuti della comunicazione.
“(…) In data 31/10/2022, il Governo ha pubblicato in Gazzetta Ufficiale l’anticipazione, al 1 novembre 2022, della data di scadenza dell’obbligo vaccinale e quindi il reintegro dei professionisti sanitari sospesi. Colpisce che nelle motivazioni riportate a giustificazione di tale decisione non compaia in nessun modo l’apporto degli Ordini, quantomeno per il ruolo istituzionale che ricoprono o per le numerose sollecitazioni che sono pervenute loro da parte di noi iscritti.
Nella lettera, che avevamo inviato ai nostri Ordini regionali, sono stati formulati alcuni importanti quesiti di natura deontologica di specifica competenza degli Ordini. Dal nostro punto di vista non ci dimentichiamo e anzi ribadiamo che una delle funzioni degli Ordini è anche quella di garantire un argine a derive legislative che non tengano conto di:
– diritti fondamentali;
– pratica professionale;
– conseguenze e ripercussioni su pazienti e popolazione;
– attuale realtà sanitaria e letteratura scientifica.
Ma dalle mancate risposte e/o brevi e serrate risposte alla nostra lettera, da parte di diversi Ordini regionali degli Psicologi, prendiamo purtroppo atto di un drammatico venir meno al loro mandato e alla loro funzione di custodia, salvaguardia e tutela della deontologia, della professione e degli iscritti.
In particolare, osserviamo questo venir meno degli Ordini regionali attraverso, per esempio, la delega al CNOP (Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi), se non addirittura al Ministero della Salute, di questioni specifiche a loro rivolte, bypassando di default una riflessione autonoma e ponderata sulla questione vaccinale e negando a noi iscritti quel confronto proficuo e quel necessario coinvolgimento che è raccomandato proprio nella legge sulla riforma degli Ordini, una riforma che avrebbe dovuto avvicinare gli Ordini ai propri iscritti.
Inoltre la risposta più volte data, da più Ordini regionali, riassumibile sinteticamente nell’affermazione “non possiamo fare nulla, non spetta a noi” non corrisponde a quanto scritto sulla carta, riguardo a ruolo e competenze dell’Ordine. Oltretutto, si è trattato di una risposta che ha bloccato sul nascere ogni tentativo di confronto, riflessione e ogni possibilità di ricerca di una soluzione che tenesse realmente conto della drammaticità delle conseguenze provocate dal DL 44/2021 e successivi.
Ci chiediamo come sia possibile che gli Ordini non abbiano tentato di far valere il loro ruolo, che non abbiano maturato una riflessione autonoma, levando la loro voce e prendendo una posizione, al di là di ciò che ritengono sia stato loro imposto.
Ci chiediamo quale e dove sia l’anima dell’Ordine, quanto sia possibile restaurarla e quanto sia possibile restaurare una relazione reale e non solo di facciata con i propri iscritti.
La frattura/scissione/dissociazione tra gli Ordini e la tutela della professione di una consistente parte degli iscritti appare evidente.
Rincresce dover arrivare a ricordare che le funzioni dell’Ordine, in quanto ente di tutela della professione, sono confermate dal fatto che l’Ordine è interamente finanziato dai suoi iscritti, non da altri enti. Pertanto, è agli iscritti che in prima istanza l’Ordine deve rispondere, in merito all’osservanza reale e tangibile del suo mandato.
L’Ordine inoltre, nella sua funzione di tutela, dovrebbe garantire la dignità di tutti gli iscritti e mai assecondare discriminazioni che si ripercuotono in maniera drammatica sui diritti fondamentali di ogni individuo, minando la stabilità professionale e personale degli iscritti.
Forse gli Ordini credono che questa sia una responsabilità più gravosa rispetto all’applicazione di una legge, la cui legittimità o meno sarà dichiarata a breve dalla Corte Costituzionale? Se questa legge dovesse risultare illegittima anche agli occhi della Corte Costituzionale, quali saranno le motivazioni degli Ordini a giustificazione del proprio operato? Come è noto e come abbiamo anche ricordato nella nostra lettera, ognuno è responsabile dei propri atti e ciò è confermato dalla giurisprudenza.
A fronte delle innegabili contraddizioni che si sono accumulate nel tempo, in merito ai sieri Cov*d-19 e alla gestione pandemica, sia dal punto di vista scientifico che giuridico, ci chiediamo se sussista un limite per gli Ordini, in quanto cariche istituzionali, raggiunto il quale ritengano di non doversi più adeguare passivamente a decisioni di carattere eminentemente politico e non già di tipo sanitario; soprattutto per quanto concerne il futuro, accertato il pregresso.
Ci auguriamo che come organismo-ente gli Ordini riprendano al più presto ad operare nella loro integrità, rispettando il mandato che noi iscritti abbiamo dato loro, che possano raggiungere una posizione maggiormente neutrale rispetto alle varie tendenze politiche che possono susseguirsi di volta in volta, voltando davvero lo sguardo verso i loro iscritti”.
Coordinamento Psicologi
Convordo con Roberta. Per me l’uscita in massa dagli Ordini, almeno fino a un’ipotetica riapertura di dialogo reale e soprattutto realmente e concretamente fruttuoso, sarebbe l’unica arma di vero dissenso. Queste modalitá ordinistiche non sono accettabili sotto alcun profilo e forse dovremmo trarne conseguenze pratiche
Grazie per questa lettera ed il lavoro svolto!
La lettera è veramente ben fatta, la condivido pienamente e ringrazio chi l’ha redatta per il suo lavoro. La profonda frattura tra l’Ordine ed una parte non trascurabile dei suoi Iscritti è apparsa in modo drammatico, vediamo in futuro…
Concordo con Roberta Sava, oramai non mi sento per nulla al sicuro sotto le “ali” di un ordine che non mi ascolta e non mi tutela! L’ennesima casta, in Italia, che ci ingabbia.
La scissione, almeno per quanto mi riguarda, è insanabile. Gli ordini, in quanto enti sussidiari dello Stato, ma al contempo interamente finanziati dagli iscritti, mi sembrano ormai come “Arlecchino servo di due padroni”, parafrasando la celebre commedia di Goldoni. Auspico la loro chiusura